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Sant Ansovino

storia ed arte

La chiesa rurale di S. Ansovino di Avacelli ai confini del territorio di Arcevia e per tradizione legata al territorio di , nell'alta valle del Misa, è uno di quei manufatti d'arte romanica, così frequenti nelle valli minori dell'Appennino marchigiano, le cui vicende sono in genere legate al processo di popolamento e di organizzazione del territorio nei secoli XI e XII. In questo caso il valore documentario dell'edificio va tuttavia oltre il contesto storico del periodo in cui avvenne la sua fondazione, ricollegandosi idealmente a tutto un insieme di suggestioni e testimonianze altomedioevali, che la sua stessa presenza nel territorio contribuisce a rilevare ed evocare.
I TEMPLARI
e la Chiesa di Sant Ansovino
Nel 1199 figura dipendente dall'abazia di Sant'Elena dell'Esino, trasferita poi da questa ad un'ordine cavalleresco rimasto sconosciuto.
Nelle "Rationes decimarum" risulta appartenente alla Magione TEMPLARE di Pian dell'Ospedale e tassata per la rilevante somma di 45 soldi.
Nel 1308 Papa Clemente V ordina ai vescovi di Jesi e Fano di Inquisire contro i Templari presenti nelle loro diocesi, tra i quali quelli appartenenti alla " magione di S. Ansovinii" della fossa de l'omo morto.
Il solo elemento decorativo della facciata è una croce astile con sei palle tipicamente Templare.
La più antica testimonianza dell'esistenza della chiesa risale al 1082, quando viene citata in unorigine longobarda alla vicina abbazia di S. Vittore sul Sentino. Le proprietà di questi tardi eredi dei nuclei longobardi insediatisi nella zona agli inizi del sec. VII si estendevano su tutta la fascia montana che fa da spartiacque fra le valli del Sentino e del Misa, dal monte Murano ad Arcevia, da Genga a Castiglioni. La chiesa fu fondata presumibilmente da alcuni di questi possessores fra il X e l'XI secolo e dedicata al santo vescovo Ansovino, patrono di Camerino, della cui diocesi faceva e fa tuttora parte la parrocchia.
La dedicazione al santo camerte fu voluta congiuntamente dai patroni locali e dal clero della città, rispondendo, oltre che ad esigenze devozionali locali, a necessità politiche: da una parte i patroni fondatori intendevano ricollegarsi idealmente alle proprie radici storiche, rappresentate da Camerino, espressione del potere ducale di Spoleto nella zona; dall'altra il vescovo e il clero della città intendevano riaffermare simbolicamente la loro giurisdizione su questo estremo lembo del loro territorio.

Nel sec. XII i patroni della chiesa cedettero i loro diritti all'abbazia di S. Elena sull'Esino, anch'essa non a caso posta ai confini della diocesi di Camerino e del ducato di Spoleto verso Jesi.
Le ragioni della presenza longobarda in un'area oggi così marginale e anche allora così periferica rispetto a Spoleto vanno ricercate nella morfologia e nella posizione strategica di tutta questa fascia montuosa, dominante gli accessi alla bassa valle dell'Esino e alla Valle del Misa e quindi perfettamente rispondente al carattere essenzialmente militare dei primi insediamenti di quel popolo. Le non rare testimonianze archeologiche e quelle più ricche di carattere toponomastico ci parlano di una significativa presenza umana già in età romana e preromana, sia nel basso Sentino, attorno all'abbazia di S. Vittore, sia nell'alto Misa al di qua dello spartiacque, proprio attorno ai luoghi che saranno oggetto di insediamenti fortificati fra alto e basso medioevo.
In particolare nella piccola valle del fosso Fugiano, dove sorge la chiesa di S. Ansovino, il toponimo bacilica - odierna Beicerca attestato dall'XI secolo documenta l'esistenza nell'area di un più antico luogo di culto risalente ai primi tempi del cristianesimo (secc. V-VI) o al periodo delle missioni antiariane attuate per convertire i Longobardi (sec. VII). Più a monte, lungo la stessa valle, su una sella che costituisce il passaggio più agevole fra Misa e Sentino, un altro importantissimo toponimo di origine medioevale (Piano dell'Ospedale) rappresenta la testimonianza di un tracciato stradale altomedioevale, che collegava il diverticolo della Flaminia proveniente dalla via Plestina (Piano di Colfiorito) e da Camerino al Castellum Petrosum (odierna Pierosara) e al versante del Misa. I Longobardi fecero di Castelpetroso, già probabilmente esistente in età bizantina e posto in posizione strategica su uno sperone roccioso lungo un importante asse stradale, il centro di una iudiciaria (poi gastaldato), che abbracciava una vasta area fra la conca di Fabriano e l'alto Misa, cosicchè la strada Camerino-Castelpetroso divenne la via di collegamento più diretta fra la città ducale e i territori adriatici, in alternativa al tratto superiore della Flaminia tenuto dai Bizantini a Gubbio e a Luceoli.
Questo tracciato, di cui resta una esplicita testimonianza nel ponte sul Sentino presso S. Vittore, conservò la sua funzione fino al sec. XIII, quando la riorganizzazione del territorio determinata dalla nascita dei comuni e le nuove esigenze del traffico commerciale ridisegnarono una nuova mappa della rete stradale. Di questi scomparsi elementi di civiltà resta unica, seppur tarda testimonianza la chiesa di S. Ansovino, la cui stessa esistenza non avrebbe giustificazione al di fuori del quadro d'insieme che abbiamo accennato a sommi capi.

La chiesa, come si è detto, compare nelle testimonianze scritte nell'XI secolo; qualche indicazione ulteriore sulle varie fasi di edificazionne la si può ricavare dall'esame della sua struttura e dell'insieme degli elementi architettonici e decorativi che la compongno. L'edificio è ad un'unica navata, terminante in un'abside semicircolare, ed è divisa a metà da due pilastri addossati ai muri laterali; questi originariamente fungevano da sostegno , insieme ai pilastrini e alle mensole
poste ai quattro angoli della navata, a due campate a crociera che sorreggevano la copertura. Della struttura originaria d'età medievale restano integri, oltre agli elementi decorativi, solo la parete di destra e la facciata, e anche queste in qualche misura rimaneggiate. La parete di destra, cui è addossata la casa colonica da demolire, è attualmente visibile all'esterno solo per un breve tratto superiore, dove si intravvedono l'archivolto di una monofora e alcuni archetti ciechi di pregevole fattura, che originariamente dovevano ornare anche le altre pareti. Da notare che la monofora interrompe la successione degli archetti, il che la fa ritenere di epoca posteriore (secc. XIV-XV). La facciata appare appena mossa da un gioco di lesene lievemente aggettanti, due ai lati, una più ampia al centro; su questa si apre il portale con archivolto a tutto sesto in pietra bianca liscia, e superiormente un occhio ugualmente in pietra bianca, chiaramente frutto di un restauro posteriore. Subito sopra il portale è inserito l'unico elemento decorativo: una lastra in pietra calcarea, su cui è scolpita una croce astile con sei palle, un motivo molto frequente nella scultura decorativa altomedioevale.
La struttura dell'edificio attuale e soprattutto lo stile degli architetti suggeriscono una datazione oscillante fra il XII e il XIII secolo; altri elementi, quali la monofora (altra monofora e una porta laterale sono coperte dalla casa colonica) insieme all'abbondante uso di pietra bianca attorno all'occhio della facciata richiamano interventi successivi. Dalla struttura originaria, anteriore al sec. XII e forse anche all'XI secolo, restano la facciata dalla tipica lesenatura poco aggettante e un vano sotterraneo cui si accede da una porticina sulla parete di destra. L'ambiente è costituito da due vani comunicanti e fungeva forse originariamente da ossario. La struttura di questi muri di base appare più rozza, ma soprattutto il loro spessore (m. 1-1,30) risulta notevolmente superiore a quello dei muri soprastanti.
Ma gli elementi indubbiamente più originali e significativi di tutto il complesso sono gli elementi decorativi, in particolare i capitelli dell'arco absidale.
Sono sovrapposti a due fasci di pilastrini posti ai lati dell'adside con funzione statica rispetto alle nervature della crociera, demolita probabilmente nel sec. XV.I capitelli sono costituiti da due blocchi di pietra bianca, ognuno dei quali corrispondente alla dimensione di due pilastrini. Sul primo blocco sono scolpite tre figure di oranti: i visi piatti appena abbozzati, a forma di pera rovesciata e dalla carattersitica espressione attonita, richiamano una tipologia diffusa nell'arte altomedievale, specie nell'Italia settentrionale, e ritenuta, non sappiamo se a torto o a ragione, propria delle aree di influenza longobarda.
Le due figure laterali sono maschili e sembrano complementari a quella centrale femminile, la cui elevata condizione sociale è evidenziata dai monili, dagli orecchi e dalla corona che sovrasta il suo capo. La Vergine appare avallata dalla presenza di un'altra testa coronata, questa maschile e di analoghe fattezze, posta in posizione simmetrica sulla linea della diagonale che congiunge i capitelli absidali di sinistra al capitello che divide le due campate sulla parete di destra. L'ipotesi di un'allusione a personaggi di alto rango, forse patroni della chiesa, appare interessante. Niente di simile è rintracciabile nelle altre testimonianze di arte romanica presenti nell'area appenninica centrale. La stessa primiività della fattura, che non esclude tuttavia una certa dignità e ricercatezza, non può essere spiegata solo con la marginalità dell'area e quindi con un ritardo stilistico: andrebbe anche presa in considerazione l'eventualità che possa trattarsi di elementi di reimpiego.
Il blocco che segue, sempre sulla sinistra dell'arco absidale, assume la forma di due distinti capitelli. Il primo reca la figura di un'aquila e ripropone un'iconografia dalla pluralità di significati e abbastanza diffusa nell'arte romanica della zona; il secondo capitello reca un motivo ornamentale di foglie a forma piatta anch'esso abbastanza comune.
I capitelli posti a destra dell'arco absidale, sempre in numero di quattro e formati da due blocchi di pietra, presentano una figurazione più ricca e fantasiosa, ma anche più umile e quindi meno significativa. Di fatto le annodazioni di nastri e di corde e i grappoli di uva sono motivi tipici dell'arte romanica cosiddetta "barbarica", come pure la tendenza ad affollare di figurazioni gli spazi senza alcuna simmetria, come per una specie di "horror vacui".
Di un certo interesse invece appaiono la ruota, in genere un simbolo cristologico, un'altra testa umana, stilisticamente non molto diversa dalle altre già viste, e i quadrupedi sovrapposti nell'atteggiamneto di mordersi la coda, analoghi a quelli esistenti sui portali di S. Elena sull'Esino (sec. XI) e di S. Croce di Sassoferrato (sec. XII).
Stilisticamente più evoluto e senz'altro di diversa mano il capitello con pulvino sulla parete di destra, sia per la finezza dell'esecuzione, sia per il gusto compositivo. Del corrispondente capitello di sinistra, in gran parte ricostruito, restano solo alcuni elementi di scarso interesse, una croce greca, un intreccio di corde, alcuni motivi vegetali, forse provenienti da altra parte dell'edificio.
Da quanto si è detto appare evidente che l'edificio presenta significativi motivi di originalità artistica, meritevoli di un ulteriore approfondimento, e soprattutto costituisce una testimonianza storica quasi unica nelle Marche centrali, al centro di una zona di grande suggestione storica e naturalistica, che meriterebbe una più attenta e studiata valorizzazione.


Tratto da Prof. Virginio Villani- Relazione storico-artistica sulla chiesa di S. Ansovino di Avacelli Arcevia


Immagine della cerimonia templare maggio 2003


Nei pressi della Chiesa rurale Sant Ansovino

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cell. 3387912908 Flaminia
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